Il bello di vivere per qualche tempo a Daddy’s Home è scoprire che una giornata dura più di 24 ore. Quando sono a casa mi ritrovo la sera a infilarmi sotto le coperte con la sensazione di esserne appena scivolata fuori.
Qui invece una giornata è infinita, seppure non basti nemmeno per fare una minima dose dei compiti prefissati. E’ una grande contraddizione, ma l’India è una unica grande contraddizione.
Sono venuta a gennaio per due settimane e una volta a casa, me ne sono servite almeno altre tre per riconquistare un minimo di forma fisica e mentale.
Ritorno stanca perché non mi risparmio per tutte le cose che voglio incominciare e che purtroppo non riesco a terminare; la mia testa si riempie di pensieri, propositi e idee che mi tengono appesa quasi a mantenere il contatto fisico con le persone e le storie che lascio per tornare in Italia; il fuso orario mi condiziona talmente da temere ogni volta di restare stordita per sempre.
Eppure, dopo nemmeno un mese, eccomi di nuovo a bordo di un aereo diretto a Dubai, e poi un altro diretto ad Hyderabad per poi raggiungere Vijayawada a bordo di un’auto guidata per sei ore ininterrotte.
Eccomi qui per soli tre giorni e due notti. Una follia potrebbe sembrare, ma tutt’altro che di follia si tratta. La follia credo appartenga ad altre persone, un tempo vicine a questi bambini ed ora lontane anni luce.
E’ a queste persone che vorrei rivolgermi, senza puntare il dito accusatorio e senza toni aggressivi. Ma non ce la farò, vi avviso subito, mi farò prendere dalla rabbia.
Vorrei potervi raccontare di quanta sofferenza sto vedendo negli occhi di chi ogni giorno affronta la vita senza denaro e senza prospettive, inventandosi ora per ora un sistema per tirare avanti. Ognuno di voi potrebbe rispondermi che si raccoglie ciò che si semina. Appunto vorrei rispondervi, appunto! Pensate che sbattere una persona contro il muro accusandola delle peggiori nefandezze sia un modo per seminare? O pensate che questo sia un modo per raccogliere?
Che cosa stiamo raccogliendo dopo un anno di torture psicologiche perpetrate in nome di un bisogno di giustizia così impellente e vigoroso? Così all’improvviso dopo soli due giorni dalla morte di Carol. Verrebbe da pensare che vi siete trattenuti per delicatezza e avete aspettato che lei divenisse definitivamente inoffensiva. Viene da pensarlo se non fosse che sorge il sospetto che ben prima della sua morte si sia iniziata l’azione di accerchiamento che ha trasformato l’uomo della sua vita, amato e adorato, in un mostro colpevole delle cose peggiori.
Quale strategia si sia studiata mi è impossibile da decifrare al punto da temere piuttosto che si tratti di istinto comandato da ognuno secondo esigenze diverse e del tutto personali. Insomma potrebbe esserci solo stupidità umana? Magari ci aggiungiamo anche personali frustrazioni, caratteri deboli che vogliono sembrare forti, personalità forti che si nascondono dietro ai deboli, affari, negligenza, pigrizia, qualunquismo… cos’altro potrei aggiungere per spiegare un tale degrado di amicizie e rapporti personali di lunga data?
Forse tali legami, tanto pubblicizzati ed enfatizzati nel momento in cui davano lustro e vanto, si sono dissolti nel nulla trasformandosi in odio? Non è forse fango, o qualcos’altro che ha lo stesso colore, quello che si getta sul nome di Carol nel momento in cui si accusa suo marito di essere venuto meno ai propositi che negli anni hanno dato vita ad un paradiso in cui i miracoli sono possibili?
Chiunque abbia potuto visitare anche una sola minima parte delle strutture create da Carol e Noel può confermare che si tratti di qualcosa vicino all’incredibile. Soprattutto se si considera che il più è stato fatto oltre quindici anni fa, in India, partendo dal nulla da parte di stranieri occidentali. Il fatto che Noel fosse e sia indiano non è da sottovalutare, credo appaia lampante a chiunque che senza di lui nemmeno Carol avrebbe potuto raggiungere simili obiettivi. E allora? Stiamo parlando di legami profondi di amore e fiducia, di rispetto e onestà o stiamo parlando di invidia e gelosia, frustrazioni e insoddisfazioni?
Smettiamola di parlare e rimettiamoci al lavoro. I bambini mangiano ogni giorno, così li abbiamo abituati, anzi ci sarebbe stata pure la merenda a metà giornata, ma quella è tra le prime cose tagliate. Rimbocchiamoci le maniche e riconcentriamoci sull’obiettivo. L’obiettivo è uno ed è fatto di tante, tantissime teste con capelli da tagliare e pidocchi da trattare, con occhi da curare e denti da conservare, con nasi pieni di muco pronti per essere soffiati dopo l’ennesimo lunghissimo raffreddore. Ci sono tante bocche aperte collegate a degli stomachi vuoti da riempire a colazione a pranzo e a cena, ci sono mani e dita che devono imparare a muoversi sulle tastiere o ad impugnare un badile; ci sono gambe da muovere per correre in questo mondo che sale e scende cambiando ogni giorno velocità; ci sono fegati e bronchi, polmoni e cuori da preservare se non curare ricorrendo ad operazioni costose; ci sono piedi da proteggere con scarpe e sandali. E’ chiaro che si parla di bambini, di esseri umani che non hanno scelto di venire al mondo? E’ chiaro o non è chiaro l’obiettivo che ha mosso per anni Carol e Noel?
Io vorrei rivolgere a ciascuno di voi un invito a riflettere sui modi che si sono adottati in questi ultimi mesi. Per un attimo, solo per un attimo, analizzate le azioni dimenticando i contenuti. Collegate tali gesti al tempo in cui si sono compiuti. C’è qualcosa che stona. Perché in quel momento e non prima? Perché subito dopo la morte di Carol e non sei mesi dopo? Cosa sarebbe cambiato?
E ora immaginiamo di poter tornare indietro ad almeno un anno fa, e colleghiamo il tempo ad azioni meno aggressive. Potremmo parlare di collaborazione? Si potrebbe ipotizzare che agendo con più delicatezza e meno aggressività, con ragionevolezza, ponderazione e anche un po’ di astuzia si sarebbero ottenuti maggiori risultati senza intaccare la serenità dei bambini?
Eppure di contenuti ancora non parliamo perché qualsiasi essi siano, anche i peggiori esistenti al mondo, all’interno di un’organizzazione umanitaria che ha il proprio senso di esistere nella protezione e nell’amore verso gli esseri umani, non è accettabile che la furia umana si concentri su un individuo fino a questi livelli. E non venitemi a parlare di opportunità, offerte, possibilità che sono state rifiutate. Perché vorrei chiedervi un altro sforzo e tornare a riconsiderare i modi e i tempi scelti per rivolgere queste possibilità.
Si tratta purtroppo di comportamenti aggressivi che io stessa ho vissuto sentendo velati avvertimenti in nome di chissà quale onorata professione.
Quali obiettivi ci fossero all’origine di questo gioco non sarà dato di saperlo perché è divenuta una consuetudine mentire a sé stessi, non solo agli altri. Ma se l’obiettivo era di distruggere non lo si è raggiunto; se l’obiettivo era di migliorare non lo si è raggiunto; se l’obiettivo era di destituire (o decapitare?) non lo si è raggiunto; se l’obiettivo era di continuare non lo si è raggiunto. Ditemi allora a quale scopo spingersi oltre un limite ormai superato?
Tanta energia, tante risorse e tanto tempo non potrebbero essere impiegati per portare questo grande battello a navigare su acque tranquille, rinforzandolo e rinnovandolo, e soprattutto imparando dal suo stesso comandante come diventare veri capitani di mare ( ma anche di industria!) che in caso di tempesta salvano i passeggeri e l’equipaggio prima di loro stessi?
Questo è il mio blog, sono libera di scrivere quello che voglio entro i limiti dell’onestà e del lecito, quindi vi prego di non perdere più nemmeno un attimo del vostro tempo per “invitarmi” a cancellare, nemmeno una parola, come è già successo.
Brava Patrizia. Non tacere. Non tacere mai… a lungo andare, altre voci si uniranno e diventerà un grido incessante, che sarà impossibile ignorare… non conosco queste dinamiche, ma posso immaginare che, come in altre situazioni, le soluzioni, possibili e migliorabili, siano forse le più semplici, calpestate da egoismo e interessi…
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Tania ho taciuto per mesi
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Giustamente hai aperto tuo cuore Patrizia, il tuo cuore spezzato del dolore per tutto quello che ha successo.
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Grazie Janet è un dolore condiviso con chi conosce la verità
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Giustamente hai aperto tuo cuore Patrizia, che era spezzato del dolore per quello che era successo.
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