Le adozioni a distanza le ho sempre tenute appunto “a distanza”per poca fiducia, per pigrizia e per non avere altri impegni. Credo che sia così per molte persone. In realtà anche quando abbiamo progettato il nostro primo viaggio in orfanatrofio mi sono ripromessa di non adottare nessuno. E anche quando sono arrivata a Daddy’s Home mi sono ripetuta ogni giorno di non adottare nessuno. Mi sentivo già in pace con la coscienza, già mi stavo spaccando la schiena a seguire tutti i neonati, già ogni giorno sentivo di compiere gesti buoni, perché avrei dovuto anche sponsorizzare una ragazzina o un ragazzino rischiando magari di affezionarmici e soffrire ad ogni partenza? Così ho tenuto duro fino all’ultimo giorno quando Ugo ha fatto entrare in cucina, la famosa cucina di Padova Home dove i volontari trovano da mangiare e da bere, questa creatura rapata a zero che già avevo intravisto in aeroporto il primo giorno. Si è trattato di un piccolo e innocente complotto tra Ugo e Carol.
Così Anna (nome che le abbiamo dato noi per comodità) Lakshmi all’età di nove o dieci anni è diventata la nostra “figlia sponsorizzata”. Anna non ha né la mamma né il papà, ha una nonna e un fratello. Le nonne in India hanno quasi dieci anni in meno di me perché in India si diventa madri da bambine. Questa nonna io non l’ho mai incontrata, so che l’ha affidata a Care&Share per impossibilità a provvedere al sostentamento della nipote. Molti ragazzini a Daddy’s Home pur avendo uno straccio di famiglia vengono dati in affidamento all’orfanatrofio per garantire loro dei pasti e un po’ di istruzione. A volte le famiglie non li reclamano proprio più, a volte per le vacanze scolastiche vanno a casa facendo dei viaggi lunghissimi con ogni mezzo disponibile, a volte partono e non tornano più. Ci sono ragazzini che hanno perso il contatto con le famiglie salendo su un treno in corsa, per gioco o per chissà quale motivo, e non conoscendo nulla, oltre alla loro capanna, si sono ritrovati in paesi, villaggi, città sconosciuti. Molto spesso non scelgono nemmeno la mèta, semplicemente scendono dal treno in corsa per sfuggire ai controlli. Così si ritrovano soli, impauriti, incapaci di spiegare a chissà quale anima disposta ad ascoltarli da dove arrivano. Inizia così per loro la vita di strada che può cambiare in meglio solo se incappano nella possibilità di trovare un orfanatrofio o una struttura che li accolga prima di aver combinato qualche pasticcio. In tal caso la struttura rischia di essere il carcere e a questo punto la vita ha già preso un altro verso.
Anna per fortuna torna tutte le volte che parte per raggiungere la nonna.
Anna all’inizio era completamente sperduta ma sempre molto sorridente. Poi con il tempo è cambiata. Vederla una volta all’anno non può bastare né a lei né a noi. In realtà a noi può bastare, perché ce ne torniamo a casa e nel giro di una settimana rientriamo completamente nel nostro quotidiano. Lavoro, famiglia e preoccupazioni prendono il sopravvento e Anna Lakshmi passa. E’ a lei che il tempo che passiamo assieme non può bastare. Anna deve condurre la sua vita all’interno di Daddy’s Home dove decine di altri ragazzini lottano ogni giorno per sopravvivere alla malinconia di una vita senza famigliari. Le dure regole della convivenza entrano nella vita di questi bambini precocemente. L’affetto che possono ricevere è quello di estranei, grandi o piccoli, che a poco a poco entrano a far parte della loro famiglia parallela. Sono tutti fratelli e sorelle che si cercano continuamente per colmare i crateri della solitudine. Anna non ama studiare e si fa trascinare dalle più monelle del gruppo. Impara subito a raccontare frottole.
Purtroppo durante i nostri vari soggiorni a Daddy’s Home Anna Lakshmi ha manifestato degli atteggiamenti fastidiosi. Si è fatta insistente e capricciosa.
Succede una cosa che a me infastidisce sempre quando vado in orfanatrofio. I bambini che hanno lo sponsor sono sicuramente quelli più fortunati. Se poi lo sponsor ogni tanto si fa vivo, con regalini o addirittura andandoli a trovare, questo per loro è motivo di vanto. Quando i volontari arrivano a Daddy’s Home si portano in città il loro bambino, magari assieme ad altri amichetti. In città si va a prendere il gelato (fonte di maledizione per chi non è indiano) e si fa lo shopping. Lo shopping consiste nell’acquistare vestiario o accessori in negozi alla moda. E’ divenuta ormai una tappa obbligatoria che io detesto. Il viaggio in auto verso la città è un incubo, anche se le strade sono molto migliorate, perché c’è sempre un bimbo che soffre il mal d’auto. La città è caotica ed è impossibile passeggiare. I negozi sono pieni di cianfrusaglie occidentalizzate dove i ragazzini perdono la testa. Tu vorresti acquistare loro delle cose utili invece loro puntano a tutt’altro. Così invece di tornare con qualche astuccio pieno di penne e colori, o con un paio di pantaloni adatti e una maglietta carina, te ne torni con la cintura da cow boy che si romperà di lì ad un’ora, con gli occhiali a goccia e a specchio come i divi di Bollywood, con l’abito dai colori sgargianti fatto di plastica lungo fino ai piedi che mai in vita vorresti vedere indossato.
Tutto questo dopo aver trascorso dalle tre alle quattro ore alle prese con disarmanti commessi, almeno tre per ciascuno di noi, che tentano di venderti il negozio. La lingua dovrebbe essere l’inglese, in realtà mi esce più di un’esclamazione in dialetto con tanto di imprecazione per quel modo lento e indecifrabile che è tipico del commesso indiano. Vorrei dedicare a questa fantastica figura del “commesso indiano” un intero capitolo e so che avrei un sacco di aneddoti da raccontare.
Anna Lakshmi è campionessa di capriccio e muso lungo quando si va a fare shopping. Vuole tutto, ha sempre fame di schifezze, ha sempre bisogno di fare la pipì. La grande cosa di Anna è che non soffre il mal d’auto. A quello ci pensa il povero Ashok. Generalmente tutto quello che Ashok butta dentro in città, viene buttato fuori in macchina. Ugo ne sa qualcosa e anche le sue ciabatte ne sanno qualcosa.
Anna Lakshmi in realtà è una bambina che deve crescere e ha come esempio tutte le altre bambine, dalle più piccole alle più grandicelle. Ecco perché ogni volta che torno la trovo cambiata. Per fortuna un po’ di inglese le sta entrando e riusciamo piano piano a comunicare. A Natale scorso, grazie anche alla presenza di Angelica e Carolina, Anna è stata brava e ho capito che è proprio buona. Non ha fatto i soliti capricci e ha ottenuto in regalo un vestito a spumiglia blu e rosso che avrebbe bisogno di un estintore sempre pronto. Ma se questo può renderla felice per qualche settimana dandole l’illusione di avere qualcuno che le vuole bene e offrendole la possibilità di emergere tra le altre, va bene anche il vestito incendiabile. Non posso pensare di fare la maestrina anche a lei. Già l’ho fatta con le mie Angelica e Carolina ottenendo peraltro ottimi risultati, con Anna mi limito a fare la sponsor. Di certo c’è che Anna può avere dei pasti ogni giorno, può andare a scuola ogni giorno, può dormire sotto un tetto ogni sera, può avere tanti fratelli e tante sorelle soli come lei, e soprattutto può avere qualcuno che si accorge se un giorno parte e non torna più. Quando penso ad Anna da grande mi si stringe lo stomaco. Cosa potrà mai fare Anna Lakshmi una volta raggiunti i suoi 16 anni? Perché questa è l’età in cui Daddy’sHome cessa di essere la loro casa, la loro famiglia, il loro rifugio. Cosa farai Anna a 16 anni? Non le piace studiare, non si sta distinguendo tra i possibili studenti meritevoli di essere sponsorizzati anche al college, non è particolarmente intraprendente, quindi per Anna si presenta un futuro incerto. Ma Anna arriverà a 16 anni a Daddy’s Home o la sua nonna e suo fratello decideranno di fare di lei quello che la famiglia di Tiru ha fatto? La storia di Tiru la racconto in un altro capitolo, quando racconterò del fenomeno che colpisce la bambine indiane. In un anno possono compiere anche 4 anni e passare da 15 a 19, pronte per diventare le spose bambine. Credo comunque ai miracoli e ne attendo uno anche per Anna Lakshmi. A dire il vero ne vorrei uno anche per Tiru.
Complimenti per il blog e per il lavoro che fate lì in India.Ho letto tutti gli articoli e mi sono davvero emozionata.So che tutto quello che fate per i bambini ,lo fate con il cuore e tanta passione.
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Grazie Flori che mi tieni Pedro quando vado.
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