Alex arriva a Natale. Quando lo vedo non riesco nemmeno a prenderlo in braccio tanto è piccino. A Babies Home i bambini arrivano perché l’organismo governativo che regola gli affidamenti dei bambini senza famiglia decide di affidarlo a Care&Share piuttosto che ad un’altra organizzazione. Alex è toccato a “noi”. E’ talmente denutrito da essere tutto raggrinzito in viso. Infatti lo chiamo il nonno. Il pediatra chiede di parlarmi. In Babies Home arrivava un pediatra indiano quasi ogni settimana, così a turno tutti i bambini con o senza problemi venivano visti e indirizzati verso cure specifiche in caso di bisogno. Ora il pediatra non viene più.
Mi dice che Alex rischia di morire di freddo perché non ci sono coperte di lana che possano riscaldarlo. Gli asciugamani di cotone non fanno tepore e lui è troppo prematuro per resistere. Mi dice che dovremmo riempire di acqua calda delle borse in plastica e avvicinaglierle in modo da tenerlo tutto raccolto al caldo. Così lo spiego alle nursese che si apprestano a far sgorgare l’acqua dai rubinetti per poi farla bollire sul fuoco e riempire degli improbabili sacchetti di plastica. Me lo vedo già ustionato!
E’ così che ti scatta la forza di scalare la montagna! Mi prendo una macchina e un autista e mi faccio portare in città. Quell’anno non c’era la strada nuova e andare in città rappresentava sempre un incubo. Sono note le strade indiane per come gli indiani guidano all’impazzata. E’ stato un viaggio all’insegna delle frenate e delle sterzate per schivare pecore e mucche in mezzo alla corsia, per non investire gente di ogni età seduta proprio sul ciglio dove passa la ruota dell’auto. E’ follia la guida in India. Arrivata in città arrivo a supplicare l’autista di portarmi in un negozio che venda cose per la casa. Cercavo le boulles per l’acqua calda. Ma come diavolo si traduce boulle dal francese all’inglese al telugu? Io arrivo a parlare in dialetto veneto agli indiani, vedo che mi capiscono. In italiano non c’è verso che gli arrivi una parola, il mio inglese si trasforma in cinese, così arrivo alla disperazione e sfodero il dialetto.
Comunque la boulle ancora adesso non so se esista in India! Presa dalla disperazione e dall’odio verso l’autista evidentemente scocciato da questa pazza che implora qualcosa in una lingua stranissima, riesco a scorgere un negozio di articoli per bambini. Attraversare le strade in India è un’impresa non da poco. Non esiste il pedone per gli automolisti indiani anche se la maggior parte della gente gira a piedi. I mezzi su ruote hanno in assoluto la precedenza e non si fermano nemmeno se ti stendi in mezzo alla corsia. Generalmente io sospendo la respirazione, e gesticolando come una pazza, mi butto non sapendo se questo mio percorso avrà mai una destinazione terrena. Ce la faccio ed entro in questa meravigliosa bottega. La svuoto di tutto ciò che mi sembra possa essere utile in Babies Home. Non solo per il piccolo Alex, anche per gli altri. Copertine in pile dai colori sgargianti, rigorosamente sintetiche, tappettini antiscivolo da mettere a terra viste le scivolate che ogni giorno vedo al momento del bagnetto, e finalmente un sacco piuma (sintetico) per Alex. Al momento di pagare metto la mano nell’astuccio che ho anche in Italia e tocco qualcosa di carta. Ne esce una busta con dei soldi e un biglietto di auguri. Monica me l’aveva infilato in tasca di sfuggita prima di partire. Mi aveva messo 100 euro da spendere in India. Ricordo ancora l’imbarazzo per aver ricevuto soldi da parte di una persona che mi conosceva da poco, da spendere a mia scelta in piena fiducia. Chiedo il conto, sono 68000 rupie (chiedo scusa se sto sbagliando tra 6800 e 68000 ora non ricordo la conversione) e a quel punto chiedo l’equivalente in euro. L’euro era ben visto. Mi esce la cifra sulla calcolatrice : 100 euro! Erano proprio quelli di Monica, usciti per caso e dimenticati nel mio portafogli.
Ho riempito l’auto e svuotato il negozio perché con 100 euro allora ho potuto fare molto. Ora è già diverso, costa tutto molto di più.
Alex è diventato grande e all’età di tre anni (aveva 4 settimane quando è arrivato) è andato a vivere con una famiglia che lo ha adottato. L’ho potuto vedere poco prima che lo portassero via, era straordinariamente vivace e sano. Alex è un altro miracolo di Daddy’s Home e io credo nei miracoli!