“Cosa potrei fare? Mio marito viene a fare il dentista io non ho idea di cosa potrei fare”
Paolo mi ha risposto ” vieni a fare la mamma”.
Sono partita dopo qualche giorno rispetto a Ugo, mio marito, perché ho un lavoro che esplode in estate e non mi permette di stare lontana a lungo. Sentivo già dalle telefonate che mi faceva, quando ero ancora in Italia, che l’esperienza sarebbe stata “forte”. Le telefonate in realtà erano brevi e disturbate, ma Ugo usa parole particolari quando va in confusione emotiva e capivo che dietro vocaboli ricercati c’era una battaglia di emozioni in atto.
Quando sono arrivata stava piovendo. L’aeroporto era ancora quello prima della ristrutturazione e quindi abbastanza spartano. I bagagli li abbiamo raccolti direttamente dal trattore e ci siamo avviate all’uscita. Ero con le mie due figlie, non ero sola. Ugo era lì che mi aspettava.
In macchina ho avuto il vero senso di colpa che prova un genitore nei confronti del figlio quando lo mette in pericolo. Guardavo le mie due ragazze, la mia Carolina e la mia Angelica, e guardavo il paesaggio che attraversavamo in macchina. La pioggia si era fermata ma il fango era ovunque e nascondeva le buche in strada dove entravano le ruote dell’auto, facendoci sobbalzare. Capanne, galline, cani, bambini, gente a piedi, gente in bici, gente con i carretti e quell’acqua sul ciglio della strada. Un lungo infinito fossato pieno zeppo di acqua putrida e stagnante nella quale galleggiavano sacchi di immondizia.
Ugo non parlava lungo il tragitto, aveva già i primi sintomi di quella che ormai tutti conoscono come la maledizione. Succede ovunque, in ogni posto del mondo, ma quando ti succede in India la maledizione è davvero tosta. E poi non parlava perché approfittava del rumore della macchina e lasciava che tutta la tempesta di emozioni mi colpisse. Guardavo le ragazze chiedendomi perché diamine le avessi portate in quel posto. Già perché le “avevamo” portate?
Il cancello si è aperto, dopo una fragorosa strombazzata di clacson e il viale di accesso che costeggia l’infermeria era senza buche e senza pozzanghere. L’auto non sobbalzava più. Magicamente silenzio e pace.
Così è iniziata la prima volta a Daddy’s Home. Una totale confusione di emozioni, suoni e immagini, un continuo cambiamento di stati d’animo, dalla paura alla pace, dal fastidio al piacere, dal voler scappare al voler restare.